6 aprile al container di Animammersa. 1: “Una storia vera” di David Lynch

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Nel 2012 con Animammersa feci un’esperienza a cui avevamo dato il nome di “Officina futuro”. Avevamo pensato che nelle storie dell’Aquila e sull’Aquila ci fosse tanto passato e tanto presente, e che quello che mancava fosse la dimensione del futuro. L’idea che il futuro si costruisce raccontandolo la rendemmo proprio nell’immagine dell'”officina”. Il gruppo di donne che partecipò inventò delle storie che dovevano ambientarsi nel futuro. Scegliemmo di proiettarle cinque anni più avanti: nel 2017.
E guardacaso nel 2017 ci siamo ritrovati a parlare di storie. Allora intorno a una panchina virtuale, oggi nel conteiner che ospita la nuova sede di Animammersa.
Come quella distanza temporale ci permetteva di parlare di noi, così oggi la distanza che abbiamo cercato è quella fra noi e lo schermo: abbiamo scelto tre storie che parlano di luoghi – o almeno di quello che c’è fra i luoghi, cioè le strade che li uniscono. E parlano di luoghi perché parlano di persone e legami. O parlano di persone e legami perché parlano di luoghi.
Al termine di ciascun film, per innescare la discussione, ho fatto un mio breve commento. Il testo che segue viene dai miei appunti sul primo dei tre film (“Una storia vera”, cioè “The Straight Story”, di David Lynch).

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