Questo articolo è uscito sulla pagina “Internet & Hi-Tech” del quotidiano Bresciaoggi di lunedì 30 maggio 2011, nella mia rubrica Linguaggi della rete, col titolo “Nativi digitali e immigranti, un confine molto sottile”.
In questo numero mi pongo la domanda se la fortunata metafora dei “nativi” non sia diventata nel tempo più fuorviante che utile. E in giro per la rete ho scoperto che non sono l’unico a interrogarsi in merito…

Si dice “nativo” chi in un certo luogo ci è nato e ne condivide la cultura. invece chi vive in un posto senza esserci nato è un “immigrante”. i “nativi digitali” (espressione coniata da Mark Prensky nel 2001) sono i nati nell’era del computer (convenzionalmente, dopo il 1995) per i quali i videogiochi, internet, i cellulari sono parte dell’ambiente e il virtuale è semplicemente una delle dimensioni della vita. Chi è nato prima, nell’era di Gutenberg, è un “immigrante digitale”….

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10 risposte a "Nativi e immigranti digitali"

  1. Interessante; tu hai contatti diretti con i “nativi? Io non occasione di frequentare giovani/adolescenti, visto che non ho figli e non ho neppure rapporti di lavoro che mi offrano un accesso al loro mondo, tipo insegnamento o simili, perciò sono curiosa…

  2. Mah, penso che le linee di demarcazione siano delle semplificazioni. Ci sono “immigranti” che considerano la rete di internet parte della loro rete di relazioni, che la integrano nel lavoro e nella vita di tutti i giorni, e “nativi” che non sanno spedire una email.
    Però certamente chi cresce con la Playstation e gli mp3 struttura una realtà differente da quella con cui ci siamo misurati noi. Pensa solo a quanto era pesante e concreto il sapere: condividere la musica significava ritrovarsi intorno a un impianto stereo pesante e costoso. Ora mia figlia va a scuola con un minuscolo iPad che contiene quasi tutti i suoi cd. E resta in contatto on l’amica australiana che è venuta in visita alla sua scuola. Hanno una differente esperienza dello spazio.
    Detto questo: quei nativi che conoscono solo la propria cultura e ignorano le differenze si chiamano “monoculturali” e “etnocentrici”. Quegli “immigranti” che hanno comunque accolto pienamente la nuova cultura digitale conoscono il testo on line per differenza col testo cartaceo; conoscono l’mp3 per differenza con la materialità dei 33 giri; l’esperienza che hanno della posta elettronica rimanda alla differenza che sperimentano con la lettera di carta, il francobollo da leccare e le dita incrociate nella speranza che la missiva arrivasse a destinazione.
    Gli uni e gli altri “conoscono” per via diversa questa nuova realtà.

    1. Non ci avevo mai pensato: di solito si parla della difficoltà per gli “immigrati” di acquisire una sufficiente dimestichezza con la cultura digitale, ma probabilemnte è addirittura impossibile per i nativi percepire queste differenze che tu elenchi, tra la musica ascoltata con lo stereo e quella riprodotta con l’mp3, tra la lettera con il francobollo e l’email, e aggiungerei anche tra la lettura di un libro di carta e quella di un e-book. Sarà uno sguardo troppo egocentrico/egocentrato quello che mi fa dire: fortunati noi che siamo nati prima e siamo diventati adulti dopo, o durante l’era digitale? Conoscere le differenze è essenziale per valutare, apprezzare e, quando si può, scegliere.

  3. Mi cancellerai dal tuo blog se confesso che ho dovuto cercare in rete l’identità di “quello”? Ebbene sì, non ho mai letto Bateson, anche se è da tempo in quel lungo elenco dei “Da leggere”. A questo punto penso che gli farò scalare l’elenco per portarlo in pole position, visto che questo nesso tra informazione e differenza mi intriga assai 🙂

    PS In treno, Milano-Roma

  4. Ho iniziato a spostarmi in treno tra Roma e Milano sui vent’anni, quando facevo l’università a Pavia, e non ho mai smesso. Tirerò avanti finché vivrà mia madre, 87 anni ma ancora in buona salute; le raccomanderò di sopravvivere finché ne avrò a sufficienza di Bateson! A proposito, qualche consiglio di lettura per principianti?

  5. Per principianti di Bateson? Eh, no, non ci sono cose “graduali” per evitarsi lo choc 😉
    Magari fai così: prendi “Verso un’ecologia della mente” e comincia dai metaloghi. Il treno aiuta, ma deve essere comodo!

  6. Va bene, ho capito che si tratta di un’impresa di un certo impegno; se la tratta Milano-Roma e ritorno non sarà sufficiente potrei sempre rivolgermi a un amico che organizza viaggi sulla Transiberiana…
    A parte Bateson, ho un dubbio: abusare a fini personali dello spazio commenti di un blog è gravemente contrario alle netiquette? Casomai cancellami, zittiscimi, bannami(!)…

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