Primo Uomo: – Sicuro che non le dispiace?

Secondo Uomo: – Ma le pare? Davvero, glielo direi.

Primo Uomo (sorride): – Grazie molte. Allora ha capito bene come funziona?

Secondo Uomo: – Caro giovanotto, pensa che sia la prima volta? Lei mi dica solo come vuole cominciare, il resto viene da sé.

Primo Uomo: – Mah, io starei sul semplice…

Secondo Uomo: – Inseguimento? Fuga con placcaggio?

Primo Uomo: – Nooo, no no, e chi ce l’ha il fiato? Una cosa più rapida, nello spazio di qualche metro. Io che mi avvicino, lei che parla al cellulare, una cosa così…

Secondo Uomo: – Bravo, così oltre tutto non la tiriamo per le lunghe. Ho veramente i minuti contati e poi non vorrei che diventasse controproducente. Veda, fare la figura del pirla non è proprio quello che cerco.

Primo Uomo: – Ma no, si figuri.

Secondo Uomo: – Dai, dai, che prima cominciamo e prima finiamo.

Il Primo Uomo fa un cenno all’Uomo con la Telecamera. Conta alcuni secondi, poi porta il microfono alla bocca e si avvicina al Secondo Uomo, che sta telefonando. Si scambiano alcune battute, il Secondo Uomo si divincola e si allontana continuando a parlare al cellulare. Il Primo Uomo lo tampina mentre quello telefona. I due gridano, si avvicinano fino ad avere i nasi a pochi centimetri l’uno dall’altro. Il Secondo Uomo grida alcune parolacce, il Primo Uomo grida qualcosa a proposito della maleducazione. Il battibecco dura alcuni minuti, finché il Secondo Uomo tira una sventola all’Uomo con la Telecamera che perde un faretto che si fracassa per terra.
Il Primo Uomo grida parole di biasimo, il Secondo Uomo continua a urlare, poi si allontana con un gesto greve. L’Uomo con la Telecamera raccoglie i pezzi per terra e in silenzio ripone nella borsa l’attrezzatura, quella sfasciata e quella rimasta integra.

Secondo Uomo (mette in tasca il cellulare): – Com’è andata? Soddisfatto?

Primo Uomo (incredulo): – Alla faccia, ma me l’ha scassato veramente…

Secondo Uomo: – E vabbè, è andata ancora meglio, no? Dovevo essere convincente, non è che potevo fargli una carezza.

Primo Uomo (l’aria incredula diventa un sorriso furbo): – Orca misera, ‘sta roba qua fa il giro della rete. Non è stato male, complimenti. Convicente, un vero “Resistente All’Invasione Della Privacy Da Parte Dell’Antidemocratico Pennivendolo”.

Secondo Uomo: Anche lei, sa che è bravo? Ma adesso mi dica una cosa: ma davvero alla gente piace tanto ‘sta roba?

Primo Uomo: – Ah, sicuro. Mi creda, è diventato un sottogenere ricercato. Si chiama “Giornalista Che Incalza Il Turpe Rappresentante Della Casta Per Farlo Sentire Accerchiato”. Ne vanno matti. Sono sicuro che in rete qualcuno mi cercherà per intervistarmi su questa storia.

Secondo Uomo: – Cioè? Cioè? Un giornalista che intervista un giornalista su un’intervista che non è riuscito a portare a casa? Ma non avete niente di meglio da fare, voi? Magari raccontare alla gente quello che succede…?

Primo Uomo: – Adesso non la metta così. D’altra parte anche lei, con quelli che la votano e con quello che la paga…

Secondo Uomo (interrompendo): – Soprattutto con quello! Sapesse che casino è scoppiato oggi! (ride)

Primo Uomo: – …ecco, ci fa la sua porca figura di difensore dei diritti contro il giustizialismo forcaiolo.

Secondo Uomo (accendendosi una sigaretta): – Vabbè. Grazie, allora. Come le dicevo, devo proprio andare.

Primo Uomo: – Sicuro, sicuro. (Gli porge la mano) Beh, rifacciamola una volta o l’altra…

Secondo Uomo: – E’ stato un piacere anche per me.

Si allontanano in direzioni opposte. Dirigendosi verso il furgone, l’Uomo con la Telecamera guarda nel piccolo display le immagini appena girate. Il Primo Uomo tira il collo per guardare, soddisfatto, e dà di gomito all’Uomo con la Telecamera.
Il Secondo Uomo allunga un braccio per fare un cenno a un taxi che si avvicina. Schiaccia la sigaretta sotto la punta del piede e sale sulla vettura.


5 risposte a "Suvvia, si facci picchiare."

  1. Devo ammettere, ho sviluppato una specie di sospetto permanente che mi fa dubitare di ogni narrazione mediale o crossmediale, in particolare di quelle a sfondo sessuale o violento. Per esempio, l’altra sera ho avuto la curiosità morbosa di vedere Servizio pubblico, la nuova trasmissione di Michele Santoro. Sono arrivato addirittura alla fine, e così mi sono sorbito questa intervista. Il solito racconto di una tranquilla notte di Har-core. Oh, ad ogni parola della poco-più-che-maggiorenne intervistata cresceva l’impressione di irrealtà… la stessa che credo molti hanno nel sentire le chiacchiere di Berlusconi, fondata tutta sulla quasi-certezza che gesti parole e sfumature siano stati provati troppe volte davanti allo specchio… Non so se ciò implichi il fatto che il racconto sia sostanzialmente mendace. Forse no. In fondo anche la verità, detta da Berlusconi, risulterebbe incredibile ormai. A me sembra che l’overdose di finzione di questi ultimi vent’anni abbia fatto diventare i creduli ancora più creduli, e i paranoici ancora più paranoici.
    Il tuo racconto mi ha ricordato questa cosa.

    1. Ciao, Daniele.
      Quel siparietto (variazione su un tema sfruttato assai) fra Monteleone e Stracquadanio mi è sembrato talmente inutile e improduttivo per entrambi (l’uno non ha portato a casa l’intervista e ci ha rimesso un faretto; l’altro ha fatto la figura del cafone e non ha terminato la sua telefonata) che me li sono immaginati in una specie di gioco delle parti concordato a camere spente.
      Quello che tu chiami senso di irrealtà lo apparento a quel che accade a me: mi domando “al di là delle mossette già viste, della messinscena ovvia, di cosa si sta parlando veramente?”. Al di là di una storia raccontata già mille volte (l’intervista a cui ti riferisci), e di cui sappiamo già tutto quel che ci è utile sapere, qual è l’argomento?
      Perché è chiaro che il valore informativo di quell’intervista è praticamente zero. Così come quello della rissa in strada con Stracquadanio: cosa abbiamo saputo di nuovo? Che il soggetto è, diciamo, alquanto umorale? Vabbè…
      L’intervista in internet al giornalista, poi, è avvenuta veramente. È molto istruttiva. Un blogger piuttosto noto ha pubblicato un video con lui in primo piano che intervista al telefono Monteleone. Riraccontavano il nulla della sera prima e l’intervistatore faceva le faccette stigmatizzando il fatto che Stracquadanio avesse detto le parolacce. Cosa ne sappiamo di più di prima? Ancora zero (ma se ci sta sulle scatole Stracquadanio siamo contenti perché ci sentiamo meno soli). In televisione (così come in quella parte della rete che soffre del complesso di non essere la televisione) il nulla si moltiplica.
      Allora di cosa parliamo, visto che il contenuto non esiste?
      Perché da Paul Watzlawick a Federica Sgaggio 🙂 ce l’hanno spiegato, che quando si parla di qualcosa, in realtà si parla anche di qualcos’altro, e che “qualcos’altro” spesso è più importante! 
      P.S.: ho letto il tuo ultimo post, che segnalo qui, alla fine del quale, pur partendo da una situazione piuttosto diversa, ti domandi: cos’è che conta per il giornalista, al di là di “verità, esattezza, certezza?”. Ecco.

  2. Nel mio piccolo io rilevo questo: tra le mie conoscenze ci sono molte persone che hanno esattamente un problema di solitudine e suppliscono a questo vuoto (affettivo, ma soprattutto di condivisione culturale, politica) impegnando qualche ora alla settimana davanti alla tv nella speranza che un salotto buono e un’arena movimentata diano loro un qualche ruolo (virtuale). Per partecipare. Questo, da Watzlawick a Federica Sgaggio, lo sanno un po’ tutti. C’è però un problema, di schizofrenia sopita, qualcosa del genere. Da una parte queste mie conoscenze sentono (come tutti gli uomini di mondo) puzza di fiction, di realtà comunque adulterata, mentre dall’altra devono credere fermamente alla verità di ciò che il salotto buono e l’arena movimentata danno per vero, non solo alla verità ma anche a una certa visione delle cose, devono crederlo per non perdere il ruolo (per modo di dire) di “spettatore attivo” che l’infotainment promette a tutti. La sensazione è, sanno perfettamente che un due tre partiranno bubbole a destra e a manca. Ma fingono di non essersene accorti. Diciamo che narcotizzano l’emisfero sinistro, e con l’altro si sorbiscono immagini e parole in modo diciamo olistico, nel loro complesso e non nello specifico, razionalmente. Non vorrei azzardare troppo, ma da lettore dilettante di Watzlawick questo meccanismo mi ricorda oltre alle teorie sulla costruzione della realtà anche la teoria del doppio legame. In sostanza, nel nostro caso: io uomo della televisione dico a te, proprio a te, caro spettatore intelligente e impegnato, che se vuoi essere intelligente e impegnato devi credere a tutto ciò che ti propino, anche alle cose più inverosimili, alle più spudoratamente menzognere. E ovviamente questa specie di richiesta di adesione, si accompagna a tutte quelle mosse (le inquadrature e le smorfie à la Santoro, per es.) fatte apposta per provocare una identificazione tra uomo della televisione e uomo nel divano. Il risultato è appunto la narcosi. E il tutto passa per questa sorta di schifrenia per cui: seguo il tal programma (ma pure il tal giornale) per non perdere il mio ruolo di intelligente e impegnato che consiste nel sorbirmi cose stupide e disimpegnate. Non so se ho reso l’idea. Ovviamente mi riferisco a persone che conosco, non posso generalizzare. Anche se un atteggiamento di questo tipo spiegherebbe in parte la confusione e l’irrazionalità che si trova in giro, e forse anche la violenza nelle piazze… Ma non ho prove.
    Quanto alla tentata intervista a Stracquadanio, non ho seguito la coda in internet, il noto blogger etc, ma la rete è forse peggio della tv, per quanto riguarda la promessa di colmare quei vuoti… che appunto non c’entrano con il contenuto, come dici. Una volta che uno mette via l’attrezzatura logica, può recepire solo un contenuto di tipo emotivo, affettivo – quindi di cose non nel loro specifico, ma nel loro complesso, intuitivamente, vagamente… una roba un po’ zen. (Nel post che hai riportato gentilmente, me la prendevo col giornalismo-zen.)
    …..Chiedo scusa per la lungaggine, ma ho scritto anche per chiarirmi le idee (scrivo per pensare, il più delle volte).

  3. Concordo, si scrive per pensare più che viceversa; metto anch’io le mani avanti non per la lunghezza ma almeno per le incongruenze e la frammentarietà di quanto segue.
    Sì, mi trovi piuttosto in sintonia. Quel “qualcos’altro” a cui mi riferivo ha a che fare con la prevalenza della relazione sul contenuto: con l’appartenenza e col riconoscersi in un gruppo che la pensa come chi legge/guarda/ascolta. E questo, sì, ha a che fare con un problema affettivo.
    E mi convince pure la tua ipotesi di una specie di doppio legame (quanto meno una sorta di autoinganno prescritto) che sta in tutto questo. Secondo me, senza nemmeno necessità di ipotizzare che i contenuti siano tutti spudoratamente menzogneri: anche se l’informazione dicesse cose tutte vere, l’impiccio sta nel fatto che per renderle “televisive” hanno bisogno di essere vestite da fiction. Recitate. Per essere attendibili devono essere mascherate e truccate. Più sono finte e più sono credibili (nel senso letterale che hanno probabilità di essere credute).
    All’inizio trovavo nel programma di Gad Lerner un attendibile tentativo di riproporre il dibattito politico in tv senza quella quota di fiction che sembrava inevitabile. Continuo a ritenerlo tutto sommato il tentativo più onesto, anche se mi pare che nei tempi e nella scansione (non si scappa) cada nella trappola della semplificazione e della sloganizzazione. Ma forse sono uno spettatore troppo saltuario e irregolare per avere un’idea definitiva sui casi particolari.
    Sull’adesione della rete a questa ideologia mi sto interrogando: se uno ha presente la media dei gruppi che parlano di politica su Facebook, ci trova né più e né meno quella frustrazione alimentata dal circuito della verità e della finzione nell’informazione. Il linguaggio e lo spessore sono spesso addirittura peggiori di quelli delle risse in tv. Eppure se uno sa cercare ci sono spazi di dibattito sano (a partire dai blog). Ecco, secondo me internet è una novità quando salvaguarda la sua alterità rispetto alla tv. E le minacce per l’alterità di internet rispetto alla tv sono tante e di diverso spessore: dalle viscere fumanti delle discussioni su Facebook alla Gabanelli che porta di peso la tv in internet.
    PS: giornalismo zen 🙂

  4. Essì anche le verità “hanno bisogno di essere vestite da fiction. Recitate.” Secondo me questo, e il moralismo di ritorno, sono le due eredità più tossiche del berlusconismo, per fortuna la seconda ci ammorberà nel tempo meno della prima, almeno credo, ma per entrambe la responsabilità di averle accettate è di tutti meno che di Berlusconi. Quanto alla trasmissione condotta da Lerner, se per raccontare la situazione economica in uno dei cosiddetti “servizi” ha bisogno dei Flintstones e di altre decine di sequenze da film noti e popolari…… Mi fermo, sulla soglia dell’ovvietà, ho già detto ovvietà in abbondanza tra ieri e oggi.
    …Grazie della chiacchierata e buona serata, ciao

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