Certe espressioni finiscono per godere di una certa diffusione nel linguaggio dei giornali e dei politici, che sempre più sembra una catalogo di frasi standard sufficientemente compendiose e stringate da farci un titolo di due righe.
Se rispondono a certi requisiti, poi, risultano abbastanza convincenti da diventare categorie di osservazione della realtà. Tali requisiti sono svincolati da qualunque costrizione di senso e hanno piuttosto a che fare con caratteristiche di ritmo e orecchiabilità: chi scrive slogan per lo stadio o per la pubblicità sa bene che, ad esempio, una rima conferisce a un’espressione insensata un certo carattere di persuasività. E così per allitterazioni e assonanze.
Quando un’espressione ha una sua musicalità, insomma, ha senso. Come si dice? “Mi suona”. Appunto.
Così ieri, durante gli scontri romani contemporanei alla kermesse parlamentare della sfiducia al governo, mi è toccato sentire in qualche radio l’espressione “la protesta senza la proposta”. (Please: le violenze contro persone e cose restano cose da stronzi e sono controproducenti anche per la causa di chi le compie; anzi, cose da stronzi punto. Non è di questo che parliamo).
La “protesta senza la proposta”, di per sé, non significa un beato accidente: ma, in virtù dell’assonanza delle due parole e del ritmo ondeggiante in sei ottavi, ti seduce l’orecchio e ti fa pensare che si riferisca a una verità incontrovertibile: cioè, che non sta bene protestare se non hai una buona idea pronta a sostituire quella che non ti piace.
(Talmente è diventata un luogo comune che in Google ricorre più di 1200 volte, che insomma, buttale via).
Poche storie: se mi sali sui piedi, io protesto e urlo. Mi dirai: “eh, si fa presto a urlare; invece di protestare, dimmi piuttosto dove dovrei mettermi; ce l’hai una proposta?”. Cazzi tuoi, se capisci il francese. Intanto scendi di lì: poi se ne parla ma, se permetti, il problema è tutto tuo.

Però accusare di fare “protesta senza la proposta” suona bene, e a contraddire una frase che suona bene ci fai la figura del cafone.

Allora, visto come funziona, mi prendo la briga di inventare alcune frasi e di affidarle ai giornalisti e ai politici moderati senza nemmeno rivendicarne il copyright. Ne ho curato personalmente ritmo e musicalità, sicuro che nei prossimi mesi entreranno di diritto nel linguaggio delle cronache politiche e di costume ad indicare altrettanti comportamenti da deplorare.

  • “La protesta senza il pretesto”: non è bello rompere gli zebedei a chi comanda senza avere nemmeno il buon gusto di inventarsi una buona ragione.
  • “La protesta senza il protesto”: è deplorevole fare casino in piazza denunciando condizioni economiche svantaggiate, quando altrove c’è gente che ha addirittura una cambiale insoluta.
  • “La protesta senza il prevosto”: si sa che la vibrata disapprovazione è considerata scortese nel caso che nessuno abbia invitato il parroco.
  • “La proposta senza l’aragosta”: non sta bene mettere ai voti una legge senza tener conto della sensibilità dei crostacei.

Non è che l’inizio. Inventa anche tu il tuo luogo comune che suona bene e scrivilo nei commenti!

14 risposte a "Però suona bene"

  1. la protesta la fa chi cià la testa
    la protesta si fa per chi resta
    gente che non protesta è mesta
    con la protesta l’Italia si desta
    la protesta non si arresta
    non protesta chi china la testa

  2. La protesta senza la mangusta.
    La protesta senza la supposta.
    Si può anche scegliere quale interpretazione dare.
    ( Sono io sola che non leggo bene l’articolo? E’ tagliato alla fine di ogni riga…..lo so che sono sottigliezze, ma…… )

  3. Sulla Poetica Neo-Ermetica
    XVI anno d.S. ( d.S.=dopo la Discesa in Campo di Silvio)

    Ottimo osservatore dell’evoluzione del linguaggio, Max.
    Ti propongo allora un altro gioco-studio, vediamo cosa ne tiri fuori!
    Da qualche anno sono colpito dai titoli di alcuni giornali , dapprima hanno iniziato i quotidiani sportivi ( che non acquisto ma su cui a volte cade incolpevolmente l’occhio in edicola ) e quelli della famiglia Berlusconi & C (C come complici e sodali).
    Ebbene nel tentativo evidente e mai celato di sintetizzare al massimo e forse colpire l’immaginario del frettoloso lettore, i titoli vengono ridotti a due, massimo tre parole, che di per se’ non vorrebbero dire proprio nulla, quasi fossero slogan col colpo rimasto in canna
    Ti chiederai : dove sta il problema?
    Il problema sta nel fatto che se uno non sa una beata mazza di calcio, e’ tagliato fuori gia’ dalla prima pagina da piu’ della meta’ dei giornali italiani.
    Tu da colto e saggio dirai che non e’ male essere tagliato fuori da quei giornali…..ma siccome io sono curioso di natura , ne soffro un po’. Eppoi gia’ costoro se la prendono con la Costituzione, ma anche la povera Lingua Italiana deve essere lasciata in loro balia?
    Aspetto pazientemente tuo nuove
    Frank

  4. @ Frank: da “scendere in campo” il vocabolario calcistico-bellico ha invaso tutto 😉 E chi non capisce di calcio è un infedele reietto.
    Io, per dire, dopo un po’ che ho letto un settimanale-tipo, leggo Twitter e mi sembra di respirare: non ne posso più di bipartizan (che non vado nemmeno a cercare cosa significhi in origine e da dove venga, tanto mi ripugna) e di queste formule standard.
    Ma dico io, quand’è successo precisamente che i titolisti di Espresso e Panorama sono diventati i padri della lingua italiana? Ma ci hai fatto caso? Senza che ce ne accorgessimo, abbiamo preso tutti il vizio di sostituire virgole e punti e virgola col punto. Periodi brevissimi, senza subordinate e spesso senza verbo. E ancora più spesso che cominciano con la congiunzione “e”, che è l’abominio peggiore commesso dai titolisti… Frank, non mi ci tirare dentro… 😉
    @ Giorgio: 😀 E in che consisterebbe?
    @ Elena: …comunque grazie di avermi messo tra i preferiti!
    @ Claudia: ma grazie!! 🙂

  5. Credo che la questione che simpaticamente, ma ferocemente tocchi sia fondamentale. Mi sembra che si esalti il significante a scapito del significato. Da un altro punto di vista, viene esasperata l’importanza dell’effetto del messaggio sull’interlocutore. Vale a dire: non importa il contenuto di ciò che dico, è rilevante piuttosto che ottenga un effetto su di te. Ora bisognerebbe interrogarsi sull’effetto desiderato. Probabilmente l’aumento delle vendite, ma non solo. C’è in ballo lo stordimento delle persone. Tra tutti questi slogan (che son ‘crampi della mente’) che suonano come campanelle è facile perdere l’orientamento. O iniziare a battere il piede a terra per seguire il ritmo e perdere lo sguardo all’orizzonte del nulla, incantati.

  6. Praticamente la politica degli ultimi venti anni è questa roba qua: parole che suonano bene.
    La distanza fra la politica e la pubblicità è azzerata.
    Buon anno, Tito!

    1. Sì, è così. Infatti, sempre più raramente si discute di contenuti, così la gente si allontana e si astiene. Mi domando se sia proprio questo il vero obiettivc di tutte le parti politiche…

Lascia un commento